Molti critici dopo l’uscita del Dracula di Coppola (1992) pronosticarono che la lunga serie di pellicole dedicata ai vampiri avesse raggiunto il suo apice, che Coppola adornando la storia del vampiro con la dolcezza del suo amore sofferto e impossibile, l’avesse resa eterna grazie al superamento dell’inconciliabilità di bene e male. L’effetto sarebbe stato dirompente e nessuno si sarebbe sentito in grado di ritornare alla storia del Vampiro.
Ricordiamo che Coppola basò la sua storia essenzialmente sul celebre romanzo di Stoker, volendo tornare proprio a Stoker, riportandone il nome nel titolo stesso del suo film, quasi a prevedere la chiusura di un ciclo nato proprio dalla penna dello scrittore scozzese. Ma, ironia della storia, altri due recentissimi romanzi ravvivano la fantasia di altrettanti registi. Ne escono due film in un solo anno: Twilight (2008) di Catherine Hardwicke, e un film stupendo dello svedese Tomas Alfredson , Lasciami Entrare (2008).
A ben vedere quei critici non sono stati smentiti. Sia Twilight che Lasciami entrare sono estensioni della prospettiva che Coppola ha dato al suo vampiro, si inseriscono nel solco di sentimento che il regista statunitense scavò nell’immagine cruenta e demoniaca del Conte Vlad. Ma lo fanno in maniera diversa, lontano dalla Transilvania, lontano dalla iconografia classica del vampiro. Due storie d’amore, una un po’ troppo scontata e adolescenziale, l’altra è addirittura tra due bambini, due dodicenni. Ma il loro amore ha la purezza della loro età e il fascino assoluto dell’inconsueto.
Blackeberg, Stoccolma, anni ‘80. Oskar è un ragazzino introverso, vessato dai suoi compagni di classe per i quali nutre un odio profondo che tuttavia non riesce a smuoverlo dalla sua condizione di totale passività. Conosce Eli, una vampira asessuata costretta a nutrirsi di sangue altrui per sopravvivere. La semplicità e la purezza di Oskar colpiscono la gelida ragazzina. Tra i due nasce col tempo un sentimento d’amore puro e fanciullesco.
Oskar riesce a rompere il vetro che separa le loro due esistenze, un ostacolo intangibile (la mano sul vetro è un’immagine-icona del film) ma presente che separa le sue esistenze. Lascia entrare Eli nella sua vita, la riconosce in quanto essere vivente amandola. La forza del loro amore supera le barriere della loro condizione. Oskar riesce a far emergere da se i sentimenti umani di odio e vendetta reagendo alle angherie dei suoi compagni di scuola. Eli amerà la purezza di Oskar, farà entrare la purezza nella sua vita col sentimento più tenero e umano.
Nel film dunque bene e male, vita e morte, differenza e identità vengono gradualmente squalificati. L’amore le risolve e le supera senza idealizzare. La dimensione onirica dell’amore tra i due ragazzini ha un forte contrappeso nel realismo delle immagini. La periferia di Stoccolma è immobile e gelida, ravvivata paradossalmente solo dal sangue che macchia i candidi scenari con la sua traccia di morte. Ma la morte è portatrice di vita, il sacrificio sorregge una vita che continua.
«Io sono come te» dice Eli ad Oskar. Anche il candido Oskar scopre di poter vivere della vita degli altri se ne fosse costretto. Una scoperta che non lascerà indifferente nemmeno lo spettatore. Un film molto ricco di simbolismi e denso di significato.
Assolutamente da vedere.
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